giovedì 22 novembre 2007

"Le Agavi Panormus 2007"


I PREMIATI:

Premio speciale le Agavi Panormus 2007 allo scrittore Raffaele Nigro
Premio REM per la ricerca etnologica alla band TINTURIA

SEZIONE ROMANZI
Primo premio “Le rive di un altro mare” di Eugenio Nocerino
Secondo premio La Calzolaia di Antonella Pizzo
Terzo premio ex aequo “Voglio il tuo destino” di Giorgio Bisi
Terzo premio ex aequo “La Locazione” di Michele Lacagnina

Targa di merito al romanzo “Il Grande Sipario” di Antonio Giordano
Menzione di Merito al romanzo “Ombre dell’Anima” di Maσσiμσ Poσσo


SEZIONE RACCONTI
Primo premio “Ogni mela al suo posto” di Stefano Carlo Vecoli
Secondo premio ex aequo “La rosa nera” di Glauco Giostra
Secondo premio ex aequo “Il sole del Mattino” di Maurizio Amizzoni
Terzo premio ex aequo “…Che di pioggia …e di vento noi siamo” di Corrado Parodi
Terzo premio ex aequo “A night in venice” di Fabbio Marcuz

Menzione speciale a “L’ultimo canto” di Marco Belocchi
Menzione speciale a “Lory e Rolf, una coppia insolita” di Roberto Rivolta


La premiazione si svolgerà presso la Biblioteca Comunale -Casa Professa
venerdì 30 novembre 2007, ore 18:00

giovedì 22 marzo 2007

Premio LE AGAVI PANORMUS 2007-Quinta edizione città di Palermo





V edizione

Premio letterario di narrativa inedita

"LE AGAVI PANORMUS 2007









La REM Edizioni e l’Associazione Culturale Sicilia Solare indicono la quinta edizione del Premio letterario di narrativa inedita "LE AGAVI PANORMUS 2007", suddiviso nelle seguenti due sezioni:
• 1 – romanzo

• 2 – racconto singolo

Inviate i vostri inediti. Anche quelli riposti da anni dentro un cassetto, magari accantonati per il rifiuto subito da rinomate case editrici che non li hanno mai dati in lettura (succede!…). Verranno letti con cura!


REGOLAMENTO

Art. 1 - La REM Edizioni e l’Associazione Culturale Sicilia Solare indicono la quinta edizione del Premio letterario “LE AGAVI PANORMUS” consistente nella pubblicazione gratuita di opere inedite di narrativa (romanzi e raccolte di racconti).

Il premio è suddiviso in due sezioni:
• "Romanzo"
L’opera, a tema libero, dovrà avere un minimo di 70 cartelle dattiloscritte (una cartella equivale a 35 righe da 60 battute, cioè 2100 battute);
• "Racconto singolo"
L’opera, a tema libero, dovrà avere un massimo di10 cartelle dattiloscritte (una cartella equivale a 35 righe da 60 battute, cioè 2100 battute).

Art. 2 - I testi devono essere in lingua italiana e inediti. Possono partecipare autori italiani e stranieri ovunque residenti. E’ ammesso l’uso di uno pseudonimo, purché venga chiaramente indicato un indirizzo a cui far pervenire le comunicazioni. Ogni autore può partecipare a entrambe le sezioni, anche con più opere, con l’avvertenza, però, che un’opera non potrà contenere parti di un’altra, pena l’esclusione. Sono ammesse anche opere presentate nelle precedenti edizioni.

Art. 3 - INDIRIZZO E SCADENZA DEL PREMIOGli autori devono inviare i dattiloscritti, in duplice copia (abbinando ove possibile il relativo supporto informatico) entro il termine improrogabile del 30 giugno 2007 (farà fede il timbro postale), al seguente indirizzo: "REM Edizioni s.r.l. – Premio Letterario “Le Agavi Panormus 2007” Piazza Carbone - 89015 PALMI (RC). E’ anche possibile inviare i manoscritti per email all’indirizzo: info[chiocciola]remedizioni.it
Art. 4 - La giuria della quinta edizione del premio "Le Agavi Panormus" è così composta:

Presidente: Prof. Tommaso Romano, docente di filosofia e scrittore, Assessore alla Cultura del Comune di Palermo.
Giuria:
Nino Aquila, saggista e poeta.

Giuseppe Bagnasco, poeta.

Salvatore Ferlita, critico letterario, saggista e giornalista.

Manlio Peri, ricercatore.

Coordinatrice: Serafina Cracchiolo, direttrice dell’Associazione Interprovinciale “Sicilia Solare”.

Segreteria:

Roberto Recordare, Editore.

Antonio Cogliandro, Responsabile REM Edizioni.

Giusy Cardullo, Area segreteria REM Edizioni.


Art. 5 - Le opere partecipanti verranno esaminate da comitati di lettura selezionati dalla redazione di REM Edizioni.


Art. 6 - Per la sezione "romanzo" verrà stilata, a giudizio insindacabile dei comitati di lettura, una rosa di almeno 5 finalisti – che sarà resa nota con lettera agli interessati 15 gg antecedenti la premiazione e sarà pubblicata sul sito http://www.remedizioni.it/ –; il vincitore unico verrà designato dalla giuria. Per la sezione "racconto singolo" verrà stilata, a giudizio insindacabile dei comitati di lettura, una rosa di almeno 10 finalisti – che sarà resa nota con lettera agli interessati 15 gg antecedenti la premiazione e sarà pubblicata sul sito http://www.remedizioni.it/. Il vincitore unico sarà designato dallla giuria. Poiché l’intendimento finale del premio è la pubblicazione e divulgazione di un’opera (una raccolta di racconti nel caso specifico), anche i racconti di almeno altri dieci finalisti concorreranno alla realizzazione del volume. Sulla copertina del volume, in testa, sarà apposto il nominativo del vincitore e dal suo racconto sarà tratto il titolo del volume. I singoli autori, per il fatto stesso di partecipare al premio, cedono alla REM Edizioni il diritto di pubblicazione all’interno della raccolta.


Art. 7 - La Giuria del premio si riserva il diritto di non procedere alla premiazione qualora i romanzi o i racconti partecipanti al concorso non vengano ritenuti degni di pubblicazione. Qualora meno di dieci racconti vengano considerati degni di pubblicazione, la REM Edizioni si riserva la possibilità di pubblicarli in una successiva raccolta.


Art.8 - PREMI

Sezione “romanzo”

Pubblicazione dell’opera da parte della REM Edizioni in una prima edizione di almeno 1000 copie da pubblicizzare e promuovere nei modi che verranno dettagliati nei successivi articoli del presente Regolamento; Multiplo d’arte in bronzo Soggiorno di due giorni per due persone nella città di Palermo, in occasione della premiazione.

Sezione "racconto singolo"

Pubblicazione del racconto in una raccolta di cui faranno parte le opere del vincitore e di almeno altri nove finalisti, il tutto con le modalità di cui sopra; Multiplo d’arte in bronzo Soggiorno di due giorni per due persone nella città di Palermo, in occasione della premiazione.

Art. 9 - La proclamazione dei vincitori avverrà nel mese di ottobre (giorno da concordare) in occasione della cerimonia ufficiale che si terrà nella città di Palermo.

Art. 10 - QUOTE DI PARTECIPAZIONE
Come quote di partecipazione, sono richieste 30 euro per la sezione "romanzo"; per i manoscritti inviati per email la quota è di 35 euro.
15 euro per la sezione "racconto singolo"; per i manoscritti inviati per email la quota è di 18 euro.

Art. 11 - MODALITÀ DI PAGAMENTO E SPEDIZIONE

Versamento sul Conto Corrente Postale 31057987 intestato REM Edizioni srl piazza Carbone, 89015 PALMI (RC) causale “Le Agavi Panormus 2007” oppure bonifico bancario sul conto corrente intestato a REM Edizioni srl, Banca UNICREDIT ABI 03226 CAB 16300 C/C 30042301 oppure assegno o contanti allegati alla spedizione del manoscritto. La spedizione dovrà avvenire all’indirizzo già specificato all’art. 3 (allegare bollettino) Nel caso si alleghi quota di iscrizione con assegno o contanti, è consigliabile spedire a mezzo Assicurata convenzionale.

Art. 12 - PROMOZIONE DELLE OPERE PUBBLICATE

L’opera vincitrice nella sezione "romanzo" e la raccolta di racconti della sezione "racconto singolo" saranno divulgate e pubblicizzate nei seguenti modi:

• via Internet:
saranno creati appositi spazi per i vincitori sulla pagina web della REM Edizioni, inseriti banner di pubblicità, scambiati link

• a mezzo stampa:

- con invio delle opere alla stampa, ai critici, alle biblioteche, etc;

- con la partecipazione a n° 3 premi letterari indicati dall’autore e ad altri scelti dalla REM Edizioni (solo per la sezione "romanzo").

Art. 13 - Al vincitore della I sezione sarà applicato, per la sua opera, un contratto di edizione secondo i tradizionali canoni nazionali. A lui spetterà una quota pari al 10% del prezzo di copertina dopo le prime centocinquanta copie vendute e n° 20 copie in omaggio. Ai finalisti della II sezione le cui opere comporranno il volume-raccolta sarà applicato un contratto di edizione secondo i tradizionali canoni nazionali. Spetterà loro una quota complessiva pari al 12% del prezzo di copertina, da dividere equamente tra tutti senza tener conto dell’incidenza di ciascuna opera, in termine di numero di pagine, sul totale del volume.

Art. 14 - COMPOSIZIONE DELLE OPERE
I due volumi avranno formato di cm 15x21 cm, carta per l’interno di buona qualità del peso di gr 100, legatura a filo rete, copertina semirigida in cartoncino del peso di 250 gr.

Art. 15 - La partecipazione al premio comporta automaticamente l’accettazione di tutti gli articoli del presente Regolamento.

Art. 16 - I manoscritti inviati non verranno restituiti.

Art. 17 - I partecipanti al premio accettano il trattamento dei propri dati personali ai sensi della legge 196/03.


martedì 20 marzo 2007

Il berretto a sonagli: l'"Urlo"di Beatrice




Il vecchio scrivano Ciampa induce la moglie del suo padrone, che spinta dalla gelosia è riuscita a smascherare la tresca esistente tra il proprio marito e la moglie di Ciampa, a fingersi pazza per evitare le conseguenze del suo gesto in società ed arrestare lo scandalo che inevitabilmente lo travolgerebbe.
La invita così a girare la "chiave pazza", a far scattare necessariamente e volontariamente la molla della follia per salvare le apparenze, ma prendersi il gusto, al tempo stesso, da pazza, di gridare in faccia a ognuno la verità, di togliere la maschera, solo in quanto pazza, a tutte le ipocrisie, di chiamare ognuno con il proprio nome, di poter dire allo stesso Ciampa, solo in quanto pazza, e solo lei, "cornuto".



Beatrice, la governante Fana e la Saracena




Beatrice e il delegato Spanò





Beatrice, Ciampa e la moglie Nina


Beatrice, la mamma Assunta e il fratello Fifì


L'"Urlo" di Beatrice


E così, le anime già stanche dei personaggi, fragili, senza difesa, diventano vittime predestinate di un processo naturale che porta alla follia.


Pupi siamo!


E l'unico modo per riacquistare la rispettabilità è far passare Me, per pazza.


Ma...


...lo spirito della pazzia aleggia e vaga...


e adesso sarete Voi, Spettatori, a far muovere i fili dei pupi...


...in ogni situazione...


... in ogni luogo.




venerdì 16 marzo 2007

Il mio debutto teatrale


Teatro Ranchibile
Stagione 2007
Via Libertà,199 - PA

Domenica, 18 marzo, alle ore 17.30


l'Associazione artistico-culturale

Cine Art
presenta:

"Il Teatro di Enzo Pipi"

in


Il berretto a sonagli

2 atti di L. Pirandello


adattamento e regia di Enzo Pipi



Personaggi ed interpreti

Ciampa scrivano Goffredo Vincenzi
Beatrice Fiorica Serafina Cracchiolo
Fifì La Bella Pippo Ricordi
Assunta La Bella Antonella Briguccia
La Saracena Serena Davì
Fana Cetty Venuti
Delegato Spanò Nino Pensabene
Nina Campa Lucia Consiglio

venerdì 16 febbraio 2007

La "Vucciria"



Renato Guttuso La Vucciria, 1974. Olio su tela, 300x300


La “Vucciria”, in Piazza Caracciolo e dintorni.
Il suo nome deriva dal francese "boucherie", bottega della carne, ma vi si trovava di tutto: pesce fresco, alimentari, frutta e verdura, abbigliamento, generi vari. La merce veniva esposta sulle bancarelle o appesa davanti alle botteghe con un atmosfera da suk arabo.


Il quartiere della Vucciria (o della Loggia) nel centro storico di Palermo è stato soggetto in tempi recenti ad un'accelerazione del degrado edilizio e dell'esodo di gran parte degli esercenti, che ha condotto il mercato storico verso la completa estinzione.
Il quartiere, pressoché privo di residenti, è invaso da una popolazione fluttuante di imprecisata provenienza, è percorso da un pericoloso traffico di motorini, con gli spazi più significativi occupati da automobili in sosta permanente, sotto gli occhi stupiti dei rari turisti che invano si avventurano alla ricerca dei colori, degli odori, dei sapori e del caratteristico frastuono delle "abbanniate" dei commercianti, che hanno reso celebre fino a qualche anno addietro il mercato. http://www.uniurb.it/giornalismo/lavori2006/troja/abbanniata.htm



Abbanniari o vanniari (per hawk le merci, affermi pubblicamente) da Gotico bandujan - per dare un segnale.


Robba abbanniata menza vinnuta. Lu putiaru zocc'havi abbannía.

(Merce gridata è mezza venduta) (Il venditore grida quel che ha in vendita)


Nel corso del Medioevo la pubblicizzazione di qualcosa è praticata in forma verbale a cura degli "araldi", detti in latino preacones i quali arrivano nei villaggi a determinate ore del giorno facendosi precedere da un suono di tromba o campanaccio, gridando i messaggi dei commercianti. L’araldo agisce comunque a livello persuasivo anche se in maniera molto grossolana. Tale forma pubblicitaria, usata dal Medioevo fino a tempi relativamente recenti, è praticata dai "banditori" o "vanniaturi" il cui compito è quello di "abbanniari", cioè di propagandare ad alta voce la merce da vendere. L’abbanniata è l’atto di "abbanniari". Tra le grida con cui i venditori ambulanti, fino ai primi decenni del secolo scorso, pubblicizzavano la loro merce è quella dell’acquaiolo:



"Ch’è bella quann’è frisca! S’’un è frisca, ‘u nni vuogghiu ‘ranu! Sciala-curuzzu! Arriccia-cuori! Va pigghiativi ‘u gilatu! Airettu, acqua cc’è!..."
Traduzione: Com’è bella quando è fresca! Se non è fresca (la mia acqua) io non voglio grano (cent. 2 di lira, cioè non la voglio pagata). Sciala-cuore! Ricrea-cuore! Venite a prendere il gelato: agretto, (limonata), qui c’è acqua.



L’arte del "banniaturi" consiste nel saper coinvolgere la gente in maniera tale da convincerla ad acquistare un determinato prodotto della terra, ad esempio i fichi:
"Fi – cu pa – su – lu – na fi – cu Ah li be – ddi fi – cu!"
Non è un canto, tranne nelle ultime sei note che fanno un dolce motivo, ma un grido quasi cantato, emesso un po’ minaccioso e poi modulato. Nel venditore sembra manifestarsi non so che di tracotanza unita a millanteria e vanagloria.


“Ammola forbici e coltelli! Passa l’arrotinoo!"



"Haju alivi comu pruna!" (ho olive grandi come prugne)


http://ennaturismo.it/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=236



mercoledì 14 febbraio 2007

Il Mediterraneo e le Tonnare






Raccontare delle tonnare significa parlare di mare, di costa, di paesaggio e di mediterraneità, convinti che il futuro dell’ isola debba puntare anche sulla memoria e sulla bellezza.

La cultura e la storia del bacino del Mediterraneo hanno rilevanti punti in comune con la pesca del tonno e la lotta dell'uomo per catturarlo. Le apparecchiature apprestate, i riti, le modalità e le simbologie che ne derivano sono definibili quasi come metafore, dei commerci, degli scambi ,delle migrazioni da una terra ad un'altra, e della fondazione delle città . Le origini della pesca del tonno sono antichissime. Testimonianze grafiche ci vengono dalle incisioni e dalle pitture rupestri presenti in alcune grotte dell'isola e risalenti al quaternario. In quell'epoca le tecniche di pesca erano rudimentali e probabilmente si limitavano ad atti per la deviazione dei branchi verso la costa dove con selci ed ossa appuntite fissate a lunghi bastoni venivano catturati.
I Fenici avevano organizzato un centro marinaro di lavorazione del pesce a Cadice.
I Greci tenevano delle vedette sugli scogli nel periodo del passaggio dei branchi, ed all'avvistamento scendevano in mare e qui una volta circondato il branco, calavano velocemente le reti dell'altezza di alcuni metri.
Già Oppiano di Cilicia nel III libro del trattato De piscatione nel II secolo d.C. descrive nel dettaglio le operazioni di pesca con reti fisse del tonno, e la tonnara che "come la città ha porte, ricetti, profonde gallerie e atri e corti".
In epoca bizantina precise disposizioni di legge vietavano la pesca intorno agli impianti privati delle tonnare. Gli Arabi perfezionarono e diffusero in Sicilia, ma anche in Africa e in Spagna, il sistema delle reti fisse divise in camere e collocate in modo tale che il tonno fosse guidato attraverso le varie camere fino alla camera finale.
E’ proprio agli Arabi che può farsi risalire la nascita della tonnara così come oggi la intendiamo.

I Normanni infine nel XI secolo regolarono giuridicamente le tonnare in relazione ai diritti regi. Gli antichi stabilimenti per la lavorazione del pesce e del tonno in particolare, ubicati spesso in prossimità delle saline erano già numerosi.



“[…] di maggio nella tiepida stagione, un recinto di canape ritorte, forma a’ tonni mal cauti aspra prigione, di cui tentano invano aprir le porte […]”

Così scriveva Francesco Maria Emanuele e Gaetani, Marchese di Villabianca, nel volume Le Tonnare di Sicilia alla fine del XVIII secolo, descrivendo con minuzia di particolari la mattanza nei mari di Palermo.
Le antichissime trappole, chiamate con un unico termine tonnare, affondano radici in un passato di tradizioni che sembrano fuori dal tempo, incidendo nella cultura delle popolazioni rivierasche.
La pesca del tonno è ancor oggi circondata da rituali e superstizioni che non mancano di sorprendere ed affascinare l’osservatore moderno.






La Sicilia, per la posizione geografica ed oceanografica che occupa in seno al bacino del Mediterraneo, è sempre stata punteggiata lungo la costa da numerosissime tonnare, in particolare nel tratto di mare nelle vicinanze di Palermo ed in quello occidentale compreso tra il capoluogo siciliano e la provincia di Trapani sorgevano:


Trabia
Solunto
San Giorgio
Arenella
Vergine Maria
Mondello
Sferracavallo
Isola delle Femmine
Punta Raisi
Balestrate
Alcamo Marina
Castellammare del Golfo
Scopello
San Vito Lo Capo
Cofano
Bonagia Tonnara di San Vito
San Cusumano
Formica
Favignana


Purtroppo oggi sono tutte abbandonate fatta eccezione per quelle di Favignana e di Bonagia.






I tonnaroti eseguono gli stessi gesti, pronunciano le stesse preghiere, cantano le stesse "Cialome", (canti rituali), da secoli e secoli. È una cruenta lotta, corpo a corpo, con questi enormi bestioni. Le imbarcazioni escono in mare per posizionare le reti a formare un corridoio che il tonno percorre in senso obbligato. Oltre la cosiddetta camera della morte, una rete a maglia molto fitta e spessa, chiusa anche sul fondo nella quale i tonni rimangono chiusi e sotto l'ordine del Rais ha inizio la loro uccisione. Il rito racchiude in sé qualcosa di sacro e segna la vita dell'isola, avendone determinato in passato anche la ricchezza.I canti (cialome) che i nostri tonnaroti eseguono prima, durante e dopo la pesca del tonno hanno un sapore ancora antico, che si tramanda nella notte dei tempi, forse di origini arabe. Col passare del tempo hanno assunto un significato sempre più particolare: preghiera e rito propiziatorio si confondono fino a diventare un'unica cosa.Quando dall’enorme barcone nero di levante i tonnaroti cominciano a tirare fuori dall’acqua le reti di fondo della camera della morte, tutti insieme – dopo che il cialomatore ha dato l’avvio - all’unisono, danno inizio alla prima cialoma cantata:




Il Coro ripete Aja móla, aja móla! ad ogni verso del cialomatore.




Rais

Aja mola e iemuninni
Jesu Cristu cu li Santi
E lu Santu Sarvaturi
Criasti luna e suli
Criasti tanta genti
Criasti i pisci ammari
Li tunni e li tunnari
U prumettiri e nun mancari
E stu Diu n'avi aiutari
E mannarini 'n salvamentu
Arbu ri mari e 'mpuppa u ventu
Nu gran portu suttaventu
E putirini ancurari.
Stu Diu n'avi aiutari
Ni scanzi d'ogni mali
A gran Santa parturienti
Virgini Santa parturiu
Fici un figghiu comu Diu
Pi nomu Jesú u chiamau
Tornami Jesu na bona fortuna
Una o l'àutra pocu rura
Una e l'autra pocu rurata.
Riggina 'ncurunata
Riggina di stu munnu
Porta chiaru stu bon jornu
Stu jornu comu avemu
Comu avemu ricivutu
Comu Pasqua e Natali
sunnu festi principali
San Juseppi fustivu spusa
Fusti sposu di Maria
E Maria aiuta a nui
Chi semu figghi soi.....











"…il più bel promontorio del mondo."




[...]Palermo, lunedi 2 aprile 1787 Alle tre del pomeriggio, con sforzo e fatica, entrammo finalmente nel porto, dove ci si presentò il più ridente dei panorami. Mi sentivo del tutto rimesso, e il mio godimento fu grande. La città situata ai piedi di alte montagne, guarda verso nord; su di essa, conforme all’ora del giorno, splendeva il sole, al cui riverbero tutte le facciate in ombra delle case ci apparivano chiare. A destra il Monte Pellegrino con la sua elegante linea in piena luce[...]
Johann Wolfgang Goethe, Viaggio in Italia (1786-1788)

Quello che Goethe definì “il promontorio più bello del mondo”, Monte Pellegrino, si tinge di violetto, di rosa, di tutte le tonalità di grigio, a seconda delle condizioni atmosferiche, e riflette la sua immagine, come un gigantesco Narciso su uno specchio d’acqua.

Monte Pellegrino, montagna sacra per antonomasia, con tracce culturali risalenti al IV secolo a.C. che rinviano a un culto punico, dedicato probabilmente alla dea Tanit, dea della fertilità. Le prime testimonianze di culto in ambito cristiano risalgono invece al VII secolo. L’attuale vestibolo all’aperto della grotta-santuario di santa Rosalia coincide con il luogo di una primitiva edicola punica, poi trasformata in epoca cristiana (probabilmente dedicata alla Madonna) in epoca bizantina o normanna.

I Greci lo chiamarono “Herkté” per la sua ripidezza, gli Arabi “Gebel Grin“, monte vicino, da cui forse Pellegrino.
Insediamenti punici. L'identificazione di Monte Pellegrino con l'Ercte o Eircte menzionato da Polibio a proposito di Panormus durante la prima guerra punica nel 247 c. C. Amilcare vi pone l'accampamento tenendo testa ai Romani per tre anni) ha costituito per lungo tempo argomento di discussione tra gli studiosi. Le varie ipotesi di localizzazione della montagna fortificata (Monte Castellacio, Monte Pecoraro, Monte Palmita), basate su una diversa lettura di alcuni punti del passo polibiano e delle fonti antiche e su minuziose osservazioni delle evidenze topografiche ed archeologiche, hanno visto prevalere l'interpretazione tradizionale anche in considerazione della notevole quantità di testimonianze archeologiche di età punica rinvenute a Monte Pellegrino. Gli scavi condotti nel 1992 in località Piano della Grotta, una zona pianeggiante antistante l'area del Santuario hanno rivelato la presenza di un insediamento fortificato. La fortificazione consiste in un muro largo circa 1 metro, eretto a secco con pietre locali di varia pezzatura e racchiude una vasta superficie di pianoro compreso tra il Cozzo di Mandra, il Santuario e il Gorgo di S. Rosalia. All'interno dell'area fortificata sono stati aperti due saggi in prossimità dei resti di una cisterna rivestita di cocciopesto. Si è accertato che la fase finale di occupazione, caratterizzata da crolli e dalla presenza di sigillata africana D, è riferibile alla tarda età imperiale. La fase più antica finora individuata è inquadrabile fra il IV e il III sec. a.C. Tra l'abbondante materiale ceramico è possibile riconoscere numerosi frammenti di anfore puniche e di ceramica a vernice nera.