venerdì 16 febbraio 2007

La "Vucciria"



Renato Guttuso La Vucciria, 1974. Olio su tela, 300x300


La “Vucciria”, in Piazza Caracciolo e dintorni.
Il suo nome deriva dal francese "boucherie", bottega della carne, ma vi si trovava di tutto: pesce fresco, alimentari, frutta e verdura, abbigliamento, generi vari. La merce veniva esposta sulle bancarelle o appesa davanti alle botteghe con un atmosfera da suk arabo.


Il quartiere della Vucciria (o della Loggia) nel centro storico di Palermo è stato soggetto in tempi recenti ad un'accelerazione del degrado edilizio e dell'esodo di gran parte degli esercenti, che ha condotto il mercato storico verso la completa estinzione.
Il quartiere, pressoché privo di residenti, è invaso da una popolazione fluttuante di imprecisata provenienza, è percorso da un pericoloso traffico di motorini, con gli spazi più significativi occupati da automobili in sosta permanente, sotto gli occhi stupiti dei rari turisti che invano si avventurano alla ricerca dei colori, degli odori, dei sapori e del caratteristico frastuono delle "abbanniate" dei commercianti, che hanno reso celebre fino a qualche anno addietro il mercato. http://www.uniurb.it/giornalismo/lavori2006/troja/abbanniata.htm



Abbanniari o vanniari (per hawk le merci, affermi pubblicamente) da Gotico bandujan - per dare un segnale.


Robba abbanniata menza vinnuta. Lu putiaru zocc'havi abbannía.

(Merce gridata è mezza venduta) (Il venditore grida quel che ha in vendita)


Nel corso del Medioevo la pubblicizzazione di qualcosa è praticata in forma verbale a cura degli "araldi", detti in latino preacones i quali arrivano nei villaggi a determinate ore del giorno facendosi precedere da un suono di tromba o campanaccio, gridando i messaggi dei commercianti. L’araldo agisce comunque a livello persuasivo anche se in maniera molto grossolana. Tale forma pubblicitaria, usata dal Medioevo fino a tempi relativamente recenti, è praticata dai "banditori" o "vanniaturi" il cui compito è quello di "abbanniari", cioè di propagandare ad alta voce la merce da vendere. L’abbanniata è l’atto di "abbanniari". Tra le grida con cui i venditori ambulanti, fino ai primi decenni del secolo scorso, pubblicizzavano la loro merce è quella dell’acquaiolo:



"Ch’è bella quann’è frisca! S’’un è frisca, ‘u nni vuogghiu ‘ranu! Sciala-curuzzu! Arriccia-cuori! Va pigghiativi ‘u gilatu! Airettu, acqua cc’è!..."
Traduzione: Com’è bella quando è fresca! Se non è fresca (la mia acqua) io non voglio grano (cent. 2 di lira, cioè non la voglio pagata). Sciala-cuore! Ricrea-cuore! Venite a prendere il gelato: agretto, (limonata), qui c’è acqua.



L’arte del "banniaturi" consiste nel saper coinvolgere la gente in maniera tale da convincerla ad acquistare un determinato prodotto della terra, ad esempio i fichi:
"Fi – cu pa – su – lu – na fi – cu Ah li be – ddi fi – cu!"
Non è un canto, tranne nelle ultime sei note che fanno un dolce motivo, ma un grido quasi cantato, emesso un po’ minaccioso e poi modulato. Nel venditore sembra manifestarsi non so che di tracotanza unita a millanteria e vanagloria.


“Ammola forbici e coltelli! Passa l’arrotinoo!"



"Haju alivi comu pruna!" (ho olive grandi come prugne)


http://ennaturismo.it/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=236