mercoledì 14 febbraio 2007

Paesaggi di Sicilia all’epoca del Grand Tour



Durante i primi anni del Settecento la Sicilia era ancora una terra quasi sconosciuta, lontana dagli interessi culturali dell’Europa, lontana da Roma, meta obbligatoria dal Medioevo per crociati, pellegrini, mercanti e, in età moderna, meta privilegiata, così come le più note città italiane, di letterati, poeti, pittori e di tutta l’aristocrazia e la facoltosa borghesia d’Europa. Per la maggior parte dei viaggiatori stranieri Roma era considerata la città più a sud dell’Italia.



Nella seconda metà del XVIII secolo le scoperte archeologiche degli scavi di Ercolano e Pompei, la descrizione dei templi di Paestum fatta da Winckelmann e le incisioni che li illustravano eseguite da Gian Battista Piranesi, l’impossibilità di visitare la Grecia, in mano all’impero ottomano, la grande produzione di studi sulla Sicilia greca e, ancora, l’evoluzione del gusto che vedeva nell’arte dell’antichità classica i modelli di una perfezione da instaurare nel mondo,spinsero molti poeti, pittori, nonchéaristocratici e facoltosi borghesi ad affrontare il viaggio in Sicilia, terra ricca di storia, dai colori solari, dai paesaggi fortemente contrastanti e di struggente bellezza.

Viaggiatori alla ricerca d’avventura..
Si rivela assai interessante l’itinerario composto dalle principali mete che nel Settecento furono privilegiate dai viaggiatori stranieri in Sicilia, ispirati dal razionalismo illuminista e dai canoni teorici del neoclassicismo, attratti e affascinati dai siti archeologici e dai monumenti dell’antichità classica, dagli aspetti del paesaggio, dalle avventurose scalate delle vette dei vulcani, da un’ane-
lante ricerca di sentimenti e di emozioni culturali.



Tra le opere più significative, l’acquaforte Prospectus freti Siculi, incisa nel 1617 da G. Hoefnagel, tradotta da un disegno del pittore fiammingo Peter Bruegel il Vecchio che compie un viaggio in Italia tra il 1552 e il 1556; la tempera ad inchiostro bruno Messina presa dal canale del messinese Carlo Minaldi con la rappresentazione della ricostruzione della palazzata, distrutta
dal terremoto del 1783; la serie di trentadue vedute eseguite a tempera su carta, divise in otto fogli, di autore anonimo, riguardanti le più importanti località archeologiche, probabilmente prodotte in Sicilia verso il 1820 per essere vendute ai viaggiatori stranieri quali souvenirs; le affascinanti vedute delle antichità di Agrigento, Selinunte e Segesta tratte dai Voyages pittoresques pubblicati da J. C. Richard de Saint Non (1781-1786), da Jean Houel (1782-1787), da A. E. Gigault de la Salle (1822-1826); e, infine, le immagini dei vulcani in eruzione, delle ascensioni dell’Etna e gouaches, tecnica molto diffusa a Napoli nel vedutismo della seconda metà del ‘700 che riscosse successo anche in Sicilia quando le vicende storiche costrinsero la corte borbonica a trasferirsi da Napoli a Palermo. Di facile realizzazione e di alto effetto pittorico erano generalmente destinate a viaggiatori stranieri desiderosi di ricordi iconografici dei luoghi visitati durante il Grand Tour.











Nessun commento: