mercoledì 14 febbraio 2007

Il Mediterraneo e le Tonnare






Raccontare delle tonnare significa parlare di mare, di costa, di paesaggio e di mediterraneità, convinti che il futuro dell’ isola debba puntare anche sulla memoria e sulla bellezza.

La cultura e la storia del bacino del Mediterraneo hanno rilevanti punti in comune con la pesca del tonno e la lotta dell'uomo per catturarlo. Le apparecchiature apprestate, i riti, le modalità e le simbologie che ne derivano sono definibili quasi come metafore, dei commerci, degli scambi ,delle migrazioni da una terra ad un'altra, e della fondazione delle città . Le origini della pesca del tonno sono antichissime. Testimonianze grafiche ci vengono dalle incisioni e dalle pitture rupestri presenti in alcune grotte dell'isola e risalenti al quaternario. In quell'epoca le tecniche di pesca erano rudimentali e probabilmente si limitavano ad atti per la deviazione dei branchi verso la costa dove con selci ed ossa appuntite fissate a lunghi bastoni venivano catturati.
I Fenici avevano organizzato un centro marinaro di lavorazione del pesce a Cadice.
I Greci tenevano delle vedette sugli scogli nel periodo del passaggio dei branchi, ed all'avvistamento scendevano in mare e qui una volta circondato il branco, calavano velocemente le reti dell'altezza di alcuni metri.
Già Oppiano di Cilicia nel III libro del trattato De piscatione nel II secolo d.C. descrive nel dettaglio le operazioni di pesca con reti fisse del tonno, e la tonnara che "come la città ha porte, ricetti, profonde gallerie e atri e corti".
In epoca bizantina precise disposizioni di legge vietavano la pesca intorno agli impianti privati delle tonnare. Gli Arabi perfezionarono e diffusero in Sicilia, ma anche in Africa e in Spagna, il sistema delle reti fisse divise in camere e collocate in modo tale che il tonno fosse guidato attraverso le varie camere fino alla camera finale.
E’ proprio agli Arabi che può farsi risalire la nascita della tonnara così come oggi la intendiamo.

I Normanni infine nel XI secolo regolarono giuridicamente le tonnare in relazione ai diritti regi. Gli antichi stabilimenti per la lavorazione del pesce e del tonno in particolare, ubicati spesso in prossimità delle saline erano già numerosi.



“[…] di maggio nella tiepida stagione, un recinto di canape ritorte, forma a’ tonni mal cauti aspra prigione, di cui tentano invano aprir le porte […]”

Così scriveva Francesco Maria Emanuele e Gaetani, Marchese di Villabianca, nel volume Le Tonnare di Sicilia alla fine del XVIII secolo, descrivendo con minuzia di particolari la mattanza nei mari di Palermo.
Le antichissime trappole, chiamate con un unico termine tonnare, affondano radici in un passato di tradizioni che sembrano fuori dal tempo, incidendo nella cultura delle popolazioni rivierasche.
La pesca del tonno è ancor oggi circondata da rituali e superstizioni che non mancano di sorprendere ed affascinare l’osservatore moderno.






La Sicilia, per la posizione geografica ed oceanografica che occupa in seno al bacino del Mediterraneo, è sempre stata punteggiata lungo la costa da numerosissime tonnare, in particolare nel tratto di mare nelle vicinanze di Palermo ed in quello occidentale compreso tra il capoluogo siciliano e la provincia di Trapani sorgevano:


Trabia
Solunto
San Giorgio
Arenella
Vergine Maria
Mondello
Sferracavallo
Isola delle Femmine
Punta Raisi
Balestrate
Alcamo Marina
Castellammare del Golfo
Scopello
San Vito Lo Capo
Cofano
Bonagia Tonnara di San Vito
San Cusumano
Formica
Favignana


Purtroppo oggi sono tutte abbandonate fatta eccezione per quelle di Favignana e di Bonagia.






I tonnaroti eseguono gli stessi gesti, pronunciano le stesse preghiere, cantano le stesse "Cialome", (canti rituali), da secoli e secoli. È una cruenta lotta, corpo a corpo, con questi enormi bestioni. Le imbarcazioni escono in mare per posizionare le reti a formare un corridoio che il tonno percorre in senso obbligato. Oltre la cosiddetta camera della morte, una rete a maglia molto fitta e spessa, chiusa anche sul fondo nella quale i tonni rimangono chiusi e sotto l'ordine del Rais ha inizio la loro uccisione. Il rito racchiude in sé qualcosa di sacro e segna la vita dell'isola, avendone determinato in passato anche la ricchezza.I canti (cialome) che i nostri tonnaroti eseguono prima, durante e dopo la pesca del tonno hanno un sapore ancora antico, che si tramanda nella notte dei tempi, forse di origini arabe. Col passare del tempo hanno assunto un significato sempre più particolare: preghiera e rito propiziatorio si confondono fino a diventare un'unica cosa.Quando dall’enorme barcone nero di levante i tonnaroti cominciano a tirare fuori dall’acqua le reti di fondo della camera della morte, tutti insieme – dopo che il cialomatore ha dato l’avvio - all’unisono, danno inizio alla prima cialoma cantata:




Il Coro ripete Aja móla, aja móla! ad ogni verso del cialomatore.




Rais

Aja mola e iemuninni
Jesu Cristu cu li Santi
E lu Santu Sarvaturi
Criasti luna e suli
Criasti tanta genti
Criasti i pisci ammari
Li tunni e li tunnari
U prumettiri e nun mancari
E stu Diu n'avi aiutari
E mannarini 'n salvamentu
Arbu ri mari e 'mpuppa u ventu
Nu gran portu suttaventu
E putirini ancurari.
Stu Diu n'avi aiutari
Ni scanzi d'ogni mali
A gran Santa parturienti
Virgini Santa parturiu
Fici un figghiu comu Diu
Pi nomu Jesú u chiamau
Tornami Jesu na bona fortuna
Una o l'àutra pocu rura
Una e l'autra pocu rurata.
Riggina 'ncurunata
Riggina di stu munnu
Porta chiaru stu bon jornu
Stu jornu comu avemu
Comu avemu ricivutu
Comu Pasqua e Natali
sunnu festi principali
San Juseppi fustivu spusa
Fusti sposu di Maria
E Maria aiuta a nui
Chi semu figghi soi.....











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